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Intelligenza Artificiale: Bolla o nuovo ciclo di crescita?

  • Immagine del redattore: Nextgen Advisory
    Nextgen Advisory
  • 27 nov
  • Tempo di lettura: 5 min

L’Intelligenza Artificiale rappresenta una bolla speculativa o l’inizio di un nuovo boom economico strutturale?


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La pausa dettata dalle festività del Giorno del Ringraziamento offre l’occasione per sospendere per un momento l’analisi quotidiana dei mercati e soffermarsi su una questione che riecheggia ovunque: l’Intelligenza Artificiale rappresenta una bolla speculativa o l’inizio di un nuovo boom economico strutturale?


Per tentare una risposta sensata, occorre prima di tutto chiarire cosa definisca una bolla finanziaria e quali segnali ricorrenti ne caratterizzino la formazione, ripercorrendo gli elementi centrali della sua teoria economica. È un esercizio necessario per interpretare ciò che stiamo vivendo.


Nel corso della storia dei mercati si sono ripetuti momenti in cui la razionalità lascia spazio al sogno collettivo. È un meccanismo eterno: cambiano i protagonisti, cambiano le tecnologie, ma la struttura psicologica dell’illusione rimane invariata da oltre un secolo e mezzo. Ogni generazione è convinta che “questa volta sia tutto diverso”, ma la dinamica delle bolle speculative segue schemi sorprendentemente regolari, quasi geometrici nella loro capacità di affascinare, gonfiarsi e poi dissolversi.


Il grande paradosso è che le bolle non nascono dall’irrazionalità pura, bensì dal suo contrario: dall’esaltazione per innovazioni autentiche e rivoluzionarie.


L’elettricità non fu un fenomeno di moda, Internet non era un giocattolo. Eppure entrambe hanno generato fallimenti in serie e bruciato enormi quantità di capitale.

La tecnologia può essere una vittoria per la società, ma un disastro per chi investe nel momento sbagliato. La storia premia non chi intuisce che una tecnologia cambierà il mondo, ma chi comprende quando acquistarla, a quale prezzo e quali aziende sapranno davvero trasformarla in profitti.


Per distinguere un ciclo di crescita sano da una bolla tossica, la letteratura economica segnala quattro ingredienti ricorrenti, presenti in tutte le grandi impennate speculative.


1. L’incertezza radicale

Il primo elemento è la totale incertezza iniziale: una nebbia che consente a chiunque di proporre una narrazione credibile, perché nessuno conosce ancora dove si genererà davvero il valore. Questa incertezza si manifesta intorno a quattro domande fondamentali:

  • la tecnologia funzionerà davvero?

  • da dove arriveranno i profitti?

  • quanto sarà aggressiva la competizione?

  • chi catturerà il valore all’interno della catena produttiva?

Senza mistero, le bolle non si formano.Nel 1922 l’insulina cambiò il destino dei malati di diabete, ma non diede vita a nessuna mania speculativa: era evidente, lineare, comprensibile. Le bolle invece nascono quando tutto è nebuloso… e irresistibilmente eccitante.


2. Le aziende “Pure Play”

Il secondo ingrediente è la presenza di società quotate che rappresentano in modo diretto e quasi esclusivo la tecnologia al centro dell’entusiasmo. Senza un Pure Play, la speculazione non ha un bersaglio da colpire. Ecco perché l’avanzata degli schermi LCD negli anni ’90 non generò una bolla: non esisteva un titolo che permettesse di scommettere solo su quella tecnologia, dato che aziende come Samsung o Sony erano conglomerati diversificati. Diverso il caso di eToys.com: un titolo che incarnava completamente la promessa dell’e-commerce nascente. Così Sony e Samsung evitarono qualsiasi eccesso, mentre EToys passò da 80 dollari a pochi centesimi in meno di un anno, nel pieno dello scoppio della bolla del 2000.


3. Una storia potente e semplice da raccontare

Il terzo fattore è la narrativa: non una qualunque, ma una storia facile da memorizzare, contagiosa, ripetibile ovunque. Una storia che non richiede verifiche, ma solo fede. È la scintilla psicologica che trasforma un settore in un destino inevitabile.

Il volo transoceanico di Lindberg alimentò la febbre per l’aviazione, la IPO di Netscape accese il fuoco di Internet.Spesso non è un fatto economicamente determinante a far scattare la corsa, ma un simbolo. E, durante l’euforia, la storia sovrasta i numeri: eToys.com capitalizzava 7,7 miliardi di dollari quando Toys R Us fatturava in un solo giorno ciò che eToys produceva in un anno. Ma la narrativa era più forte della realtà: “questo è il futuro dell’e-commerce”.


4. L’ingresso in massa degli investitori inesperti

L’ultimo ingrediente che completa il quadro è l’arrivo dei nuovi investitori: persone che non hanno mai affrontato un vero crollo di mercato. La democratizzazione degli investimenti, ieri i Liberty Bonds, oggi le piattaforme come Robinhood e i video virali su TikTok, porta sul mercato milioni di mani impulsive, inclini a confondere l’uso di un prodotto con la comprensione del suo modello di business. È un punto cruciale: utilizzare Apple, Facebook o ChatGPT non significa capire come queste aziende generino utili. Servirebbero domande tecniche, scenari alternativi, analisi che molti preferiscono evitare, preferendo abbracciare la narrazione dominante.

A quel punto basta poco: una storia seducente, un grafico in salita e la sensazione che “non posso restare fuori”. È l’ingresso in scena del FOMO, la forza emotiva più potente dei mercati.


E allora: l’Intelligenza Artificiale è una bolla o un boom?

Applicando la struttura storica, molti indizi ci sono tutti.


  • L’incertezza è enorme: nessuno sa come verrà monetizzata l’AI generativa, quale modello economico prevarrà, né chi catturerà la maggioranza del valore lungo la filiera dai chip agli hyperscaler, dai modelli foundation alle applicazioni finali.

  • I Pure Play esistono eccome: Nvidia è l’emblema, ma attorno a essa proliferano startup miliardarie senza profitti, come OpenAI, che brucia liquidità a ritmi vertiginosi ma che, se fosse quotata domani, attirerebbe folle di investitori.

  • La narrativa è già totale: “l’AI cambierà tutto”, “chi non investe oggi sarà tagliato fuori”. Una storia perfetta, immediata, magnetica.

  • Gli investitori inesperti abbondano: flussi record nel retail e un esercito di “esperti improvvisati” che sui social promettono ricchezza rapida grazie all’AI.


Eppure c’è un elemento nuovo, una differenza significativa rispetto alle bolle del passato: l’Intelligenza Artificiale è già diventata un’infrastruttura concreta, in costruzione fisica.


La capacità computazionale cresce a ritmi storicamente inediti, i data center si moltiplicano come nuove città industriali, il cloud si consolida come il sistema operativo dell’economia globale. Non parliamo di promesse, ma di investimenti in conto capitale, flussi di cassa, applicazioni reali, produttività.


Anche Internet nel 1999 era reale, ma non generava ricavi significativi. L’AI invece sta già producendo efficienza, automatizzazione, riduzione dei costi. Questo non elimina il rischio, ma lo trasforma. Siamo dunque davanti a un fenomeno ibrido e sfaccettato: da un lato un boom economico di proporzioni enormi, destinato a ridefinire interi settori; dall’altro un livello di aspettative e di concentrazione sui titoli leader che rischia di viaggiare più veloce dei profitti reali. Le infrastrutture rimarranno, come sono rimaste le ferrovie, i cavi in fibra e Internet stesso.


Ma ciò non significa che tutti gli investitori ne usciranno vincitori.


La vera domanda per chi investe non è se l’Intelligenza Artificiale sia autentica o trasformativa, perché lo è. La domanda è se il prezzo pagato oggi rispecchi il valore reale o l’immaginazione collettiva. La storia insegna che il conto più salato arriva per chi entra alla fine, quando la narrazione ha già oscurato la logica. Il compito dell’investitore moderno non è dubitare del potenziale dell’AI, ma capire se sta acquistando il futuro… o una storia che gli piace sentirsi raccontare perché altri l'hanno già comprata.

 
 
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